“Taylor Shift”, curated by Mattia Capelletti
installation views at riss(e), Varese, 2015
Inspired by The Manual, a book by The Timelords (Drummond, Cauty 1988; better known as The KLF), Mattia Capelletti and myself established for seven months a conversational affair “between premeditation and self-sabotage”―in his own words―associated with a circle of friends and peers around smoking breaks, the Way of Tea, the intensity and potential of laziness, and possible alternatives to productivity. (How to Have a Number One the Easy Way) recites the subheading of the book, which is a step by step guide to achieving a No.1 single in one week with no money or musical skills, effective to the point it led their single Doctorin’ the Tardis to really reach number one of the UK Singles Chart in June 1988.
Outstretching each day to one month while escaping the success-oriented paradoxical purpose of our inspiration, we presented an abstract sound loop (I don’t feel unique <3 I feel tautological, 2015) to be listened individually through a bundle of borrowed earphones, in the format of a solo presentation by me curated by Mattia, set up in an environment loosely adorned as a Japanese chashitsu (茶室), the architectural space designed to be used for tea ceremony gatherings (chanoyu 茶の湯) . Wordplay here corresponds to worlds playing, smirking at Taylorism from a distance, while a poetic shift oozes from thick air suspended, engendering its ontological quality in being aesthetic, or rather non-rational, non-manageable, non-efficient.
Ci si può trovare a pensare, durante una Pausa Sigaretta, che fumando abbastanza a lungo, si possa diventare sigaretta: bruciare lentamente, produrre nient’altro che fumo.
Continuando a praticare un esercizio di attenzione sulla sigaretta e sulla sigaretta soltanto, godendo dell’esperienza oziosa senza prefigurarne la fine, è inevitabile trovarsi a errare in un luogo da molti prima sognato, da nessuno mai veramente abitato, e immaginare la Sigaretta Infinita.
Se strumento di resistenza o machiavellica macchinazione delle industrie del tabacco, al fumatore non è dato sapere. Prolungando la durata e l’intensità di ogni tiro, concentrando gli sforzi sulla complessità di gesti che generano una boccata, si arriva a pensare dell’abbandono con cui ne si vive la piacevolezza, croce e delizia della Sigaretta Infinita. Non si può smettere quando si vuole – né tantomeno si vuole. L’incantesimo di una diavoleria tale è collettivo e il suo verbo diffuso per via epidemica, come solo le idee più ancestrali: per questo ogni tentativo di produrla (una soltanto infatti ne basterebbe a frenare gli ingranaggi delle lobby delle Sigarette Finite) è sempre stato osteggiato con ogni mezzo possibile.
La Sigaretta Infinita certo immobilizzerebbe in una stasi irrisolvibile, eliminerebbe delle Pause quella ritualità di cui si traggono estremi, nemmeno rari piaceri. Ma: non è forse l’esistenza stessa delle Pause Sigaretta a legittimare i momenti di attività, quei tempi non-Pause che su di esse ergono sistemi, sui quali vive e prolifera la produzione delle Sigarette Finite? Un tranello paradossale.
Si dice però di fumatori eretici che arrivino a mettere in discussione il dogma della paralisi inerte che secondo gli ortodossi la Sigaretta Infinita susciterebbe, che pensino al fumo come un prodotto utile e al ristagnare nell’esperienza del fumo senza fine, come a un’attività feconda, fruttuosa. Le stesse voci di congiura parlano di un’organizzazione dissidente che da secoli trami per la realizzazione della Sigaretta Infinita. Dicono le loro riunioni si svolgano in gran segreto durante le Pause, e che spesso arrivino a poche boccate dalla soluzione finale, perfetta, prima che Sigarette Finite gli si spengano fra le dita.
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Il metodo descritto in un misterioso manuale per la composizione di una canzone pop perfetta è stato esteso da una settimana a sette mesi. La canzone, unico e autonomo prodotto del processo, diventa quindi il precipitato denso delle esperienze che l’hanno generata: kebab, tè rituali, sigarette, l’iniziazione alle pratiche di un ordine segreto, il costante vagheggiamento in un regime di scambio tanto pigro quanto intenso e assiduo. Tra premeditazione e autosabotaggio, si è innescata una speculazione sulle alternative all’industriosità, sulle possibilità di azione secondo un modello di inefficienza che disperda forze, sulla relazione di questo dispendio negligente con i metodi di produzione ad esso opposti, sull’entità e la potenza di un simile sistema fallibile.
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Elena Radice, Costanza Candeloro, Roberto Fassone, Eleonora Salvi, Alessandro Di Pietro, Michele Gabriele, Rebecca Di Berardino, Valeria Baudo, Dustin Cauchi, Zoe De Luca, Giulio Fonseca
Mattia Capelletti, 2015