“Phantasmagoria” at FuturDome, Milan
29 September—17 December 2016
In the context of “The Habit of a Foreign Sky”
curated by Ginevra Bria & Atto Belloli Ardessi
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I fantasmi siamo sempre (stati) noi.
A
La casa in cui sei nata, la casa dei primi anni in vita, dei primi suoni e delle prime immagini. Sono di una casa, e di chi la abitava, i primi ricordi. Gli odori, i momenti del giorno, il cambio della luce. I rumori della notte, e del giorno, da fuori, improvvisi; i suoni vicini, abituali, del conforto: il sottofondo.
A.1
“Home is where one starts from. As we grow older
The world becomes stranger, the pattern more complicated
Of dead and living.”
Cryptograms, hand crafted tube amplifier, guitar speaker, orchid, feedback, 2016
Loomer, microphone stand, black light bulb, artist’s bomber jacket, stones, 2016
Slave to the wage, plexiglas, window, daylight (emergency light, after sunset), 2016
You made me realise, (2 parts), aluminum, custom toned led lights, nails, screws, 2016
B
Dicono che alcuni animali si leghino più all’ambiente, a situazioni specifiche, altri più a un gruppo, il branco, o a un padrone, altri ancora sono più solitari, indipendenti si dice; io preferisco la parola “autonomi”. Per esempio i gatti, e i felini in generale, dicono, sono animali territoriali, essi si attaccano a un luogo, un territorio. Alcuni canidi vivono in branco, i più domestici tra loro, tra cui il cane, amano un capo.
C
Le case che hai abitato, quella in cui vivi ora, le case in cui andrai, esse sono infestate. Sono perseguitate da ricordi, popolate di possibilità. Esse sono stracolme di giorni. Home is where the haunt is. Lo spazio del privato, confinato dall’esterno. A turbarci è soprattutto l’interno, dove “l’orrore è già accaduto”, o è sempre stato (e sarà) sul punto di esplodere. Il trauma rimane in uno spazio fantasma fuori dal tempo (Mark Fisher).
C.1
La parola inglese “haunt” ha valenza verbale e nominale; può significare “infestare, perseguitare” oppure “luogo, posto”. L’Oxford English Dictionary registra che in origine il significato della parola era “to provide with a home, house.”
D
Organi. La pelle non dimentica. Una casa non dimentica. Tutto sarà sempre lì. Puoi grattare, strofinare, ma niente alla fine verrà via, è sempre stato lì. I segni del tempo sulla pelle, sulle case. La pelle è il maggiore organo del corpo umano, lo strato esterno. Serve da barriera protettiva da batteri e microorganismi, allo stesso tempo permette di sentire, il contatto, il dolore, caldo, freddo, e pressione.
E
La pelle è l’organo della sensibilità. Si chiama “mnemodermia”, è uno stato prolungato di iper-sensitività in una zona cutanea precisa, anche molto dopo l’evento traumatico. La pelle “ricorda” le sofferenze passate per poi riviverle fisicamente, in un secondo momento.
History always favours the winners, DVD-ROM drive, cables, 2016
Love means taking action, motherboard, CPU, power supply, hard-drive, stone, cables, 2016
All it takes is one decision, self-adhesive vinyl letters on wall, custom toned strobe light, 2016
E.1
Ogni nuovo palazzo include il fantasma delle rovine monumentali che sarà, le porta già in sé. Un cumulo di pietre ci riporta la nostalgia di bellezze che non abbiamo vissuto, sale meravigliose percorse da qualcun altro. Ogni tecnologia è sempre stata obsolescente.
F
In un palazzo del 1913, ci sono densità troppo profonde. In un palazzo in ricostruzione, un presente viscoso impregna ogni cosa di futuri sinistri e radiosi.
G
Nel dicembre del 2015, una poesia di libertà contagia 55 milioni di computer, dal Chaos Communication Congress di Amburgo.
Death in Plains was a fictional character, (2 parts), controller circuitry, nails, 2016
H
Il surriscaldamento globale, il collasso delle economie di matrice neoliberista, la disoccupazione di massa, la fine del lavoro, le masse migratorie, i meta-dati di miliardi di individui, il fallimento dei “miglioramenti” della modernità, sono macro-fantasmi collettivi (Timothy Morton li chiama “Hyperobjects”), iper-realtà spettrali che si diffondono, traslucide, tra le trame di presenti reali, futuri ipotetici e passati che si mostrano diversi e cangianti.
I
Quanto più reale, tanto più spettrale.
L
Da anni, quando scrivo, scrivo in inglese. Quando scrivo, penso in inglese, senza tradurre. È un’esigenza, è stranamente naturale, è una patina che filtra il reale, attraverso la quale io (I, me) torno (re-turn, dall’altra parte del vetro) nel reale. Dal ritorno del reale (quale?) a “ritorno al reale”. Da dove viene, ora, la mia matrice neuro-linguistica?
M
Al posto di una presenza (un posto preciso, in un momento preciso) sostituiamo (“re-place”, ricollocare, riportare in un luogo, ri-luogo) un non-inizio eternamente posticipato, la figura fantasma di un presente che è assente, né vivo né morto (Derrida, Spectres of Marx), “l’abitudine a un cielo estraneo”, la vita nella possibilità. “We – difficult – acquire.”
N
From Settlement to Nomadism. Ho fatto un lavoro che si chiama così tra quest’anno e l’anno scorso. Non sarà in questa mostra, ma quasi tutto qui deve qualcosa a quel lavoro. Quel lavoro deve tanto al pensiero di Rosi Braidotti, e a quello di Franco Berardi.
O
C’è una canzone dei Deerhunter di quasi dieci anni fa, strumentale, che dura poco più di un minuto. Si chiama Tape Hiss Orchid. Dieci anni sono una distanza strana, una nostalgia a metà. Non è passato tanto, ma è passato abbastanza. Ci sarà un assemblaggio didascalico per celebrare questo limbo.
Antonio, with Elena Radice, dismantled computer cases, adhesive tape, PS3, beamer, 2016
Intense 2 intense, 4K video 15’48’’, sound, speaker, 2016
THEIR FUTURE HAS FAILED, performance, record, 2016
P
Questo limbo è intenso (troppo intenso), è denso (thick), avvolge tutte le cose di una pesante sonnolenza.
Q
Un data-dump di tutta la vita. Quanto di noi stessi abbiamo messo dentro piccoli oggetti, tecnologie miniaturizzate, luoghi smaterializzati, fatti di tecnologie in rapida obsolescenza?
R
Ci sarà, per una specifica occasione, un drappo di seta con scritto “THEIR FUTURE HAS FAILED”. Si potrà vedere bene, ma non si potrà leggere, guarderà le persone passare dall’alto, senza poter fare altro. La scritta è in Windings, una font dingbat di simboli non alfanumerici. Un mix di gesti umani e simboli climatici, curiosamente materializza fantasmi di climate change e global warming.
S
Quando un’utopia degenera, essa diventa fantasmagoria: una narrazione di proiezioni collettive che si intrecciano, in forme astratte. Il sogno (fallito) continua a sognare sé stesso, è quella la (unica) realtà (possibile): without you (il sogno) I’m (l’io proiettato nel sogno) nothing.
T
Without you I’m nothing → Slave to the wage. C’è una sorprendente assonanza consequenziale, con la lucidità di alcuni episodi Placebo degli anni 1998-2000: “Strange infatuation seems to grace the evening tide”, “Such imagination seems to help the feeling slide”, “Instant correlation sucks and breeds a pack of lies”, “Over-saturation curls the skin and tans the hide”. È un momento da brivido, quello in cui sembra di poter fiutare un ricordo sinistro di futuro anteriore: “You grow me like an evergreen, you never see the lonely me at all”. Immagine, allora, chiaroveggente dell’imminente catastrofe ambientale e socio-economica (ora in corso).
U
Death In Plains era un personaggio inventato, nonostante la sua presenza fosse, senza alcun dubbio, “reale”. Prime apparizioni: 2008-2011. E poi? Si potrebbe dire che l’inaudibile abbia avuto la meglio sull’udibile, azionando una musica per invocare il silenzio. DIP era apertamente anti-lavoro, anti-razionale, anti-genere, anti-mondo, anti-establishment, anti-reale, anti-spettacolo.
U.1
It might be needed to disappear to reappear completely.
V
Eteroglossia/Heteroglossia.
Z
Facciamo un patto: “There is no metalanguage.” Non vogliamo la lucida iper-consapevolezza analitica del sempre-presente-postmoderno, ma il lusso della naiveté e la libertà della contraddizione. “Sincerity eats irony.”